Con l’autrice e divulgatrice Silvia Bencivelli, parliamo di diversi suoi libri, ma soprattutto del fondamentale “Eroica, folle e visionaria: Storie di Medicina spericolata”. Ma anche di divulgazione scientifica e bambini, poi della mamma di Italo Calvino – Eva Mameli – e poi di diffidenza per la scienza, vaccini, e tanto altro.
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Un Percorso tra Scienza e Parole
Nata in Piemonte, cresciuta a Pisa, Silvia Bencivelli racconta il suo percorso con una disarmante naturalezza. Dopo gli studi universitari a Pisa e un master biennale in comunicazione della scienza a Trieste, ha scelto Roma come casa da oltre vent’anni. Ammette: “Non mi sono mai sentita a casa a Roma. È una città faticosa.” La sua casa all’Esquilino, in via Merulana, la immerge in un contesto ricco di suggestioni letterarie, vicino alla scuola della figlia e al Colosseo. Un quartiere “vivace e multiculturale”, che, pur brulicando di colleghi, scrittori e artisti, non offre la serenità delle città più piccole. “Soffro un po’ la mancanza di sicurezza, sono provinciale”, confessa. Una sensazione che risuona anche qui a Lecce. Nonostante tutto, riconosce il fermento culturale: “È il quartiere dell’orchestra di Piazza Vittorio, di Sorrentino… non mi posso lamentare.”
Roma, seppur dispersiva rispetto alla concentrata vivacità culturale di Pisa – “A Pisa, in pochi metri da casa dei miei, ci sono tre teatri. A Roma devi sudarti tutto, calcolo sempre almeno un’ora per spostarmi da un punto all’altro” – le ha offerto stimoli e incontri fondamentali per la sua carriera. “Mi chiedi se è nata prima la passione per la scienza o quella per la scrittura?”, esordisce Silvia. “Nella mia famiglia la scienza era l’ambiente naturale. I miei genitori sono scienziati, i loro amici pure. Non ho dovuto scegliere: ci sono nata, come in una comunità.”
La strada verso la comunicazione, tuttavia, si rivelò più tortuosa. Dopo una laurea in Medicina e Chirurgia a Pisa, ottenuta con lode, Silvia capisce che la carriera medica non fa per lei. “L’ho fatto per dovere familiare, ma non volevo fare il medico. E se non vuoi farlo, non ha senso: diventi solo un pasticcione.” I genitori, racconta, le avevano lasciato poche alternative: “Non potevo fare lettere, non me l’avrebbero pagata. Ingegneria, matematica, medicina. Ho scelto medicina.”
Nonostante i dubbi iniziali, l’esperienza universitaria fu positiva: “Era un corso eccellente, c’erano professori bravissimi. Ho studiato con entusiasmo, ma sapevo che non avrei fatto la clinica. L’idea di stare in laboratorio mi annoiava già in partenza.”
Il dialogo si approfondisce con “Il mistero del gatto Asclepio”, un giallo scientifico per ragazzi. Silvia sottolinea come, pur essendo destinato ai bambini degli ultimi anni delle elementari, il libro “riempie i suoi contenuti di valore didattico, utili, perché quando scrivi per ragazzi in realtà scrivi anche per gli adulti intorno a loro.”
La scrittrice osserva la tendenza degli adulti a cercare un contenuto educativo nella letteratura per ragazzi. “Mia figlia adora i libri senza morale, e anch’io adoro i libri senza morale”, spiega. “Però cerca sempre qualcosa che assomigli a lei, alla sua vita, ai suoi giochi, no? E nei libri che legge, questi sono quelli che funzionano di più. Non quelli troppo di fantasia, ma quelli con la bambina che fa il gioco buffo, si mette nei guai, poi ne esce, non ha imparato niente sulla vita, però si è rispecchiata e ha arricchito un po’ il suo mondo.”

La Svolta della Comunicazione: La Scrittura come Linguaggio Naturale
La svolta arriva con un master in comunicazione della scienza. Un concorso affrontato senza troppe aspettative si rivela determinante grazie all’incontro con Romeo Bassoli, storico giornalista de L’Unità. “Lì ho capito che questo mestiere mi piaceva da morire. Scrivere, spiegare, raccontare la scienza: era perfetto per me.”
Da quel momento, la sua carriera decolla. Collaborazioni con testate importanti come il Messaggero e L’Unità, seguite dai primi libri. “Il mio primo è uscito nel 2007, è stato tradotto in tre lingue e ancora oggi mi invitano a presentarlo.” La scrittura, sottolinea Silvia, è diventata il suo linguaggio naturale, il suo modo di abitare il mondo. “I miei maestri mi dicevano: fai radio, fai TV, ma soprattutto scrivi.”
Nella conversazione, affrontiamo i suoi ultimi lavori: “Eroica, folle e visionaria” e “Il mistero del gatto Asclepio”. In mezzo, “Il dubbio e il desiderio: Eva Mameli Calvino”, una biografia della madre di Italo Calvino, un libro “da un’ora di treno”, che però racconta di una donna straordinaria.
“Eroica, folle e visionaria” è il culmine di un lavoro di “tre, forse quattro anni”. Il libro, che parla di autoesperimenti in medicina, in realtà esplora l’evoluzione della medicina stessa. “Il mio esperimento è far leggere al lettore storie raccapriccianti, per poi mostrargli che, al tempo, erano viste come normali, persino eroiche.” Il titolo stesso ne racchiude il senso.
Il testo si addentra nelle pieghe della medicina spericolata, prima dell’etica e delle moderne linee guida. “Oggi la medicina è molto più sicura. Ma quella di una volta, pur funzionando peggio, era fatta da persone che rischiavano tutto, anche su sé stesse.” Accanto a storie meno note, compaiono episodi più celebri, come quello di Albert Hofmann e l’LSD. “Ho quasi evitato di includerla, ma poi ho pensato: se non la metto, le altre sembreranno incredibili.”
Silvia Bencivelli evidenzia una lacuna nella formazione medica: molti professionisti conoscono la storia della medicina solo per aneddoti. “È un errore. Lo dicono tutti gli storici della scienza: bisogna studiare le discipline umanistiche anche nei corsi di laurea scientifici. Noi medici spesso pensiamo di sapere tutto, ma ci manca proprio quella parte lì.”
Il lavoro sul linguaggio è una costante per Bencivelli. Se in “Eroica” il ritmo è stato curato per evitare l’effetto raccapricciante, nei libri per bambini la descrizione è “iper descrittiva.” L’obiettivo è sollecitare le immagini mentali. L’importanza di una lettura che sia svago e non dovere è un punto fermo.
La Fiducia nella Scienza: L’Umanità Dietro il Camice
Un punto focale della discussione riguarda la fiducia, più o meno riposta, nella scienza, specialmente nell’era post-Covid. Prima della pandemia, Bencivelli ha scritto “Sospettosi. Noi e i nostri dubbi sulla scienza”. Pubblicato nel 2019, le abbiamo chiesto se oggi lo riscriverebbe.
“All’epoca era un reportage giornalistico, un genere che ora mi affatica. Adesso ho una bambina, c’è stata una pandemia, faccio più didattica che giornalismo… Quindi, già solo per questo, non lo riscriverei allo stesso modo. L’idea di fondo era: perché persone intelligenti fanno scelte apparentemente stupide, soprattutto nell’ambito della salute? Una delle risposte è: perché abbiamo delle fragilità. La paura, il dubbio, la diffidenza. Sono sentimenti umani e vanno rispettati. Ma allora — nel 2019 — questa cosa non si diceva ancora. Era il periodo del ‘dovete vaccinarvi’, con il decreto Lorenzin. E gli scienziati pensavano che fosse solo una questione di spiegare meglio. Ma non basta spiegare che i vaccini sono utili. Lo diciamo da fine ‘700.”
“Il vaccino è una soluzione, ma ha caratteristiche che lo rendono difficile da accettare. Sono cose studiate, ci sono fiumi di letteratura su questo. Se lo scrivessi oggi, il libro sarebbe tutto centrato sui vaccini. All’epoca c’erano anche diete, terapie alternative, la gravidanza (capitolo delicatissimo). Ora… Non lo riscriverei. Nessuno avrebbe voglia di leggerlo. Nemmeno io. Sono due anni che non leggo più nulla sul Covid. Saturazione totale.”
“E mi rendo conto che anche il mio è un atteggiamento pericoloso. Ora c’è la dengue in Italia, la chikungunya, le malattie tropicali stanno arrivando. Dovrei essere informata, ma… mi annoio. Anche i comunicatori ci hanno stancati. Detto ciò, secondo me il problema non si è aggravato. Anzi, ci sono ricerche serie che dicono che gli italiani, durante la pandemia, si sono comportati meglio di altri europei. E hanno mantenuto fiducia nella scienza. Quella che è venuta meno, semmai, è la fiducia negli scienziati. Per me è una buona notizia. Il pubblico ha visto che gli scienziati sono esseri umani: non sempre puliti, con rivalità, opinioni diverse. Hanno visto l’umanità dietro il camice.”
Eva Mameli Calvino: Oltre l’Ombra del Figlio
La conversazione si sposta poi sulla biografia di Eva Mameli Calvino, madre di Italo Calvino. Silvia Bencivelli esprime un leggero dispiacere nel doverla presentare primariamente come “la mamma di Italo Calvino,” quasi un “patriarcato alla rovescia.” Sottolinea che “le scienziate non è che non ci siano state: sono state poche, ma soprattutto sono poco raccontate.” L’ingiustizia maggiore è narrare sempre le stesse quattro figure, spesso come “ribelli” che hanno “rotto le convenzioni,” quando in realtà “non è sempre vero.”
Eva Mameli Calvino, una brava botanica, non era una ribelle, ma una donna “posata, severa,” che ha vissuto appieno il suo ruolo di “moglie e mamma.” La sua vita, pur non essendo “avvincente” in termini di spostamenti – salvo la parentesi cubana – è costellata di eventi straordinari: la laurea in matematica da donna, il trasferimento a Cuba per il matrimonio e un parto in una capanna in mezzo alle palme. Una storia vista dalla sua prospettiva, che restituisce la complessità di una donna che, pur non essendo una “ribelle,” ha vissuto una vita eccezionale.
Eva Mameli Calvino fu una tassonomista con uno sguardo ecologico sulla scienza, sebbene la sua disciplina non fosse quella che avrebbe poi appassionato il figlio Italo. Italo, a differenza dei genitori, fu sempre “un po’ ribelle,” cercando di distaccarsi dalla rigidità familiare. Dopo aver studiato Agraria e poi Lettere, iniziò la sua carriera nel mondo editoriale e giornalistico.
Inizialmente scrittore realista, Italo Calvino, dopo un viaggio negli Stati Uniti nel 1959 e l’incontro con un filosofo della scienza, si innamorò perdutamente della scienza moderna, in particolare dell’astronomia. “Lui è uno che studia astronomia fai-da-te e scrive ‘Cosmicomiche’, scrive tutti quei racconti,” oltre a proseguire la sua attività giornalistica e politica, commentando anche i fatti della scienza sui giornali.
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