In questi giorni il nostro territorio leccese ha accolto Adelmo Cervi, ospite dell’Anpi in occasione dell’80° anniversario della Liberazione. Adelmo è il figlio di Verina Castagnetti e Aldo, terzogenito dei sette fratelli Cervi. Questi furono barbaramente ammazzati da uno squadrone fascista nel dicembre del 1943, a Reggio Emilia.
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Adelmo aveva appena quattro mesi quando il suo papà fu fucilato dai fascisti. Ed è un uomo inquieto, un antifascista militante che da anni svolge attività politica contro le ingiustizie.

Le tappe nel Salento con l’Anpi al suo fianco
Lecce, Maglie, Gallipoli, Novoli, Galatone e Aradeo sono le tappe che in questi pochissimi giorni Adelmo, con la sua auto stracolma di oggetti e con migliaia di chilometri all’attivo, ha toccato nel Salento per raccontare la storia dei “sette fratelli” – e più largamente della sua famiglia – per spiegare le ragioni per avere una società più giusta partendo da un valore fondamentale come quello dell’antifascismo.
Adelmo ha voluto chiarire sin da subito di che pasta è fatto, non ha pronunciato la parola “eroi”. «Qua non si tratta di mito – ha detto – si tratta di gente che lavorava, sia prima che dopo, nei campi ed avevano degli ideali» , delineando bene la sua inquietudine di ottantaduenne che ha ancora la smania di voler raccontare la sua storia ai più giovani. Più volte ha ribadito la necessità di non sminuire il termine antifascismo e di non consegnarlo all’oblio, anche quando tutto appare difficile. Non ha mai centellinato il suo tempo, sempre pronto all’ascolto e al racconto, nonostante il caldo e le ore passate in auto sotto la calura estiva del giugno salentino.
La storia della famiglia Cervi
Nella vicenda storica della famiglia Cervi, e quella dei suoi membri, ci sono tre elementi che sono talmente connessi tra loro da costituire una matassa decisamente intricata: storia, memoria e mito.
Partiamo dal principio, l’evento chiave per Adelmo e per una parte importante per la lotta partigiana. Accade la mattina del 28 dicembre 1943, al Poligono di Tiro di Reggio Emilia, in cui i fratelli Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore Cervi insieme a Quarto Camurri, vengono fucilati e sommariamente sepolti da uno squadrone fascista.
Motivo: una rappresaglia ordinata dai maggiorenti della RSI reggiana. L’evento rappresenta uno dei primi scontri sanguinari tra partigiani e fascisti a Reggio Emilia. Per i fascisti i sette fratelli erano la “banda Cervi” ovvero un nucleo di ribelli sediziosi e comunisti. La realtà ci dice che erano con convintamente antifascisti ma prima di tutto contadini, grandi lavoratori della terra. Per il loro sacrificio furono decorati con la Medaglia al valor civile.
La casa che hanno abitato a Gattatico (Reggio Emilia) accoglieva partigiani e renitenti mentre oggi accoglie ancora migliaia di persone che si radunano il 25 aprile per celebrare la Liberazione.
Sette fratelli, sette storie distinte

Spesso consegnati al racconto e all’immaginario pubblico come una cosa sola, i fratelli Cervi sono sette storie distinte. Erano sette e avevano ognuno un nome, un carattere, una vita, una storia. E non è facile ricordarlo ma è bene ribadirlo, insieme al doveroso pensiero che va dedicato al disertore e partigiano Quarto Camurri. Questo è un elemento chiave ribadito anche da Adelmo nei suoi incontri nel Salento.
Italo Calvino raccontò di loro: “Lotta contro la guerra, patriottismo concreto, nuovo slancio di cultura, fratellanza internazionale, inventiva nell’azione, coraggio, amore della famiglia e della terra, tutto questo fu nei Cervi”.
La dimensione familiare
Nel raccontare la storia di questa strage si deve tener conto, tra l’altro, di una serie di elementi direi imprescindibili se si vuole coglierne appieno il valore altamente simbolico. Mi riferisco all’importanza della dimensione familiare, il collegamento tra i Cervi e loro comunità (simboleggiato dalla pastasciutta antifascista dopo il 25 luglio del 1943 con l’arresto di Mussolini), Casa Cervi come avamposto, anche oggi, di forti ideali antifascisti.
Energia e memoria, un dono prezioso
Come detto in precedenza, Adelmo non si è risparmiato. È intervenuto nel comizio di chiusura, a Lecce, per i 5 Referendum a nome dell’Anpi provinciale, ha parlato ad una scuola a Gallipoli e in diverse sedi/incontri delle sezioni cittadine dell’Anpi, ha incontrato giovani, rappresentanti sindacali, associati Anpi, donne e uomini a cui non si è sottratto per firmare copie del suo libro, scambiare ricordi, abbracci e stringere mani.
Una mia cara amica mi ha scritto: “Che dono che è quest’uomo” e come darle torto. Una storia militante, anche con il grande peso che questo comporta, che si fa testimonianza quotidiana. Conoscere la storia della famiglia Cervi, attraverso le parole di Adelmo, vuol dire incontrare una storia che è bussola per il domani e una lente utile a rileggere la storia del nostro Paese.

