“Ce la suoniamo e ce la cantiamo da soli”, diceva l’indimenticato Mimmo Cataldo al suo “allievo”, Pantaleo Corvino, a evidenziare la solitudine cui sono destinati i direttori sportivi quando si celebrano le imprese di squadre che hanno enormemente contribuito a costruire: “Pantaleo a suli ne la cantamu e a suli ne la sunamu!”. Se da un lato questo è vero, tanto da spingere Corvino a insistere sulla realizzazione di un museo nello stadio, cui si riferiva anche Sticchi Damiani qualche giorno fa, con il diesse del Lecce è ormai un concetto superato, visto che ogni uscita o dichiarazione ufficiale diventa sempre il titolo di apertura. E neanche questa volta fa eccezione. Il punto dell’area tecnica, ossia del duo Corvino-Trinchera, sulla stagione appena conclusa e gli indizi sul futuro, a cominciare dal nuovo tecnico. Ma anche una riflessione sul “credo” tattico del management.
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Corvino e l’immortalità sportiva
Il Corvino dei record e della storica impresa della terza salvezza consecutiva, riprendendo quanto detto da Giampaolo al termine dell’impresa con la Lazio, è diventato veramente e sportivamente “immortale”. Come sempre un fiume in piena, impossibile non rimandare alla visione integrale della conferenza, ma doveroso approfondire alcuni temi principali emersi dalla conferenza di sabato 7 giugno.
Il trauma indelebile da Fiorita ad Astori e Colonna
La stagione è stata segnata dalla tragedia della morte di Graziano Fiorita e anche Corvino vuole ricordare e ringraziare lui e la sua famiglia. “Siamo qui per fare il punto sull’anno della famiglia Lecce. In un campionato sempre più competitivo. Ogni anno per noi è come passare dalla sala travaglio. Ma siamo passati anche dalla perdita di Graziano Fiorita, che è stato qualcosa di traumatico, una scomparsa che ha lasciato un segno non solo nella nostra società, ma in tutto il mondo sportivo. Noi non mancheremo l’occasione di commemoralo, riconosciamo il suo valore anche a chi lavora nell’ombra, che in alcune occasioni non sono nemmeno conosciuti, quindi non mancheremo mai di ricordare Graziano e tutte le persone che abbiamo perso nella famiglia Lecce negli anni. Nel ricordare lui mi viene in mente anche il dramma vissuto con Davide Astori a Firenze, due tragedie che mi hanno scioccato profondamente”.
Più tardi, Corvino dedicherà un pensiero anche a Giovanni Colonna (“Culonna): “Approfitto di questo appuntamento per dare il mio pensiero alla famiglia del nostro ultras scomparso. Parlo anche a nome della società. Siamo addolorati e volevo ricordarlo”.
Per la panchina sono giorni di attesa, ma ci sono indizi

Corvino vuole subito sgombrare il campo delle domande sulla guida tecnica della squadra, dicendo che bisognerà aspettare ancora tre o quattro giorni per una comunicazione definitiva. Nel corso della conferenza, però, dà alcuni indizi che lasciano pensare a un addio di Giampaolo. Si riferisce in un primo momento alle 13 partite con 2 punti, quando un momento di riflessione ha portato al crollo di Como, “quando credo che persino Marco si aspettasse di essere esonerato”. In quella circostanza, oltre alle motivazioni date dalla scomparsa di Fiorita, c’è stata l’introduzione di Coulibaly in pressing alto. Sulla questione si era soffermato anche il presidente, facendo intendere che la direzione di questa svolta non fosse tutta farina del tecnico abruzzese.
Sebbene il direttore sportivo si affretti poi a smentire questa come una “sentenza” sul mister, più tardi si riferisce all’impianto di gioco, dicendo che non gradisce “i passaggi all’indietro”, dichiarando – invece – di preferire “un gioco verticale e d’attacco”. Se non è questa una sfiducia… lo scopriremo presto.
Si mettono comunque a referto la grande dedizione di Giampaolo per l’obiettivo della salvezza, le qualità umane e la gioia condivisa di potersi intestare questo risultato storico.
Il conflitto con gli ultras
A chi gli ha ricordato degli striscioni di protesta contro di lui, perché una parte del tifo ha chiesto le sue dimissioni, Corvino risponde in modo netto. “Le critiche sono sempre utili per stimolarti a fare meglio. Per quanto riguarda gli striscioni non voglio entrare nel merito. Io a casa ho un quadro grande della Curva Nord in cui si vede lo striscione ‘Corvino Vinci’. Per me conta solo quello”.
La favola Lecce
“Lecce vive un momento magico. Una favola costruita con fatica, visione e cuore. Stiamo vivendo un sogno, ma dobbiamo restare svegli e attenti, perché le favole non si scrivono da sole”. Negli ultimi anni, in 152 partite, il Lecce ha sempre dato battaglia in Serie A, lottando con dignità anche contro avversari più ricchi e strutturati. “Siamo sempre partiti dal fondo, come Davide contro Golia, e spesso abbiamo vinto. Ma il rischio di rovinare tutto può arrivare da dentro, se sbagliamo la comunicazione o se perdiamo di vista l’obiettivo comune”.
Un modello di gestione economica

Non si tratta solo di parole: la dirigenza rivendica con forza una linea coerente, fondata sulla patrimonializzazione del club e su una gestione prudente. Niente rincorsa ai grandi nomi, pochissimi prestiti, e un progetto costruito sui propri mezzi. “Non abbiamo mai promesso l’Europa. Quando parlavamo di alzare l’asticella, ci riferivamo alla competitività, non a sogni fuori misura. Ogni anno, il nostro traguardo resta la salvezza, perché partiamo sempre per ultimi, non per scelta, ma per forza di cose”.
Non mancano riferimenti diretti alla concorrenza: club come Pisa, Sassuolo e Cremonese possono contare su proprietà pronte a investire cifre importanti. “Il Lecce no, e per questo chiede ai tifosi di scegliere da che parte stare. «Chi vuole sostenerci si abbona. Chi ha dubbi, è libero di fare altre scelte”.
Anche i conti parlano chiaro: i ricavi da stadio e diritti TV non bastano a coprire le spese. Per questo la società punta sulla patrimonializzazione e su una crescita sostenibile. “Solo così possiamo evitare il rosso a fine stagione”.
Le Giovanili, “orgoglio silenzioso” del club
Ma c’è un altro “orgoglio silenzioso” che cresce a Lecce: il settore giovanile. In cinque anni, partendo quasi da zero, sono arrivati i primi risultati concreti. “Il nostro progetto è appena iniziato, ma già vediamo i frutti. L’Under 14, ad esempio, è arrivata alle fasi finali di un torneo nazionale, un risultato impensabile fino a qualche anno fa”. Il merito è del lavoro quotidiano, della fiducia delle famiglie e di una visione che guarda al futuro, anche fuori dai riflettori. “Non abbiamo grandi ingaggi, ma abbiamo un’idea forte. E chi crede in noi, ci sta dando ragione”.
I punti deboli della stagione
Nella conferenza di martedì 3 giugno, il presidente ha fatto riferimento a motivi di blocco psicologico e di minore coesione che hanno fatto esplodere tardi la squadra, che è rimasta per lungo tempo indecifrabile, senza decollare. Così anche Corvino: “Ha avuto ragione il presidente, ma dobbiamo tenere conto della forza che ha avuto la squadra che in un momento di difficoltà è riuscita a tenere la barra dritta. Sappiamo che possiamo fare degli errori, però noi dobbiamo essere bravi ad analizzare il momento. Noi lavoriamo per far sentire i giocatori a proprio agio e supportarli quando al squadra non va bene. Non ci possiamo permettere di sfaldarci nel momento del bisogno”.
Il “credo”
Stimolato da una nostra domanda, Corvino dichiara: “Noi vogliamo un tecnico che non alteri il nostro credo. Solo in quel caso interviene la società. Quando si arrivano in certi momenti del campo, in cui tutte le forze vengono spese, arriva il momento delle riflessioni”.
A una richiesta di maggiore chiarezza su cosa si fonda “il credo” o “il dogma” di cui spesso abbiamo discusso nelle puntate di Nu pocu e nu pocu e su questa testata, per dare una risposta definitiva ai nostri “implacabili” lettori, Pantaleo Corvino mette sul tavolo la sua esperienza.
“Bisognerebbe avere più tempo per dibattere di questa questione, ma io ho una responsabilità di programmazione tecnica e non posso stare dietro a modelli e idee di ciascun tifoso. Se non c’è una linea che contraddistingue ogni management, è sbagliato. Le linee sono figlie dei risultati. Se alla fine sbagli perché manchi il risultato, allora devi cambiare. Ma se i risultati li raggiungi, allora non è giusto cambiare strada. Io ho lavorato per 50 anni con risultati evidenti. Non potremo mai accontentare tutti i tifosi nel modulo e nelle modalità di gioco”.
“Noi non nascondiamo i principi che ci animano come area tecnica. Ogni società ha la sua linea. I principi sono sia generali che specifici. In generale una squadra dinamica, intensa, il mio tifoso non si deve annoiare con i passaggi indietro, ma io voglio che giochi in velocità e in verticale. E cerco di sposare allenatori con queste caratteristiche. Correttivi si possono apportare in corsa, ma si devono dimostrare solidi ed efficaci”.
Il punto sui calciatori e sul mercato
“Dispiace vedere certi giocatori presi di mira per motivi futili: una parola detta dopo una sconfitta, una birra bevuta. Ma dietro a quei gesti ci sono uomini che hanno dato tutto. E se vengono continuamente attaccati, il rischio è la demotivazione. Noi scegliamo calciatori con certe caratteristiche, ma siamo anche consapevoli che possiamo sbagliare. Il nostro compito, quando qualcosa non va, è quello di correggere la rotta, farli rientrare nei binari giusti”.
Un messaggio chiaro anche sul piano umano: i calciatori vanno sostenuti, non giudicati al primo passo falso. Il club non si tira indietro quando si tratta di assumersi le responsabilità, ma chiede lo stesso atteggiamento anche da parte del contesto che circonda la squadra. “Capita che alcuni vogliano andar via perché non si sentono più a loro agio, perché magari si sentono addossare colpe che non sempre sono solo loro. Ma non ci si può disunire proprio quando serve compattezza. Il supporto è fondamentale”.
Il dirigente, senza fare nomi, accenna anche a chi, dopo anni in giallorosso, sente il bisogno di nuove sfide. È la legge del calcio, e Lecce non fa eccezione. “Qualcuno ci ha chiesto di partire, qualcun altro lo ha fatto capire. Noi proviamo a trasmettere il senso della nostra terra, della nostra passione. Per qualcuno funziona, per altri no. E lo accettiamo, ma sempre nel rispetto dei nostri parametri e delle nostre aspettative”.
“Siamo Swarosky con anima di cemento armato”
“Quando siamo partiti eravamo come una cristalleria Swarovsky : pregiata ma fragile. Ora sembriamo ancora di cristallo all’esterno, ma dentro siamo diventati cemento armato». Un’immagine che racconta bene la trasformazione del club: estetica e bellezza, ma anche tenacia e solidità. Il Lecce è cambiato, è cresciuto, ma resta fedele alla sua filosofia. «Non possiamo trattenere chi vuole andare via, non è una resa, ma una scelta di buon senso. Anche quando non siamo capiti, dobbiamo tenere conto delle dinamiche del mercato. Lo abbiamo visto anche nel caso di Dorgu: certe richieste diventano inevitabili. Ma restiamo una società in salute, con la barra dritta”.
A domande dirette, Stefano Trinchera non si sbilancia sul futuro di Marchwinski, che non ha ancora recuperato dal grave infortunio, né sul futuro di Maleh, che rientrerà a Lecce, ma anche lui con un infortunio al crociato.