Francesco Fanucchi: “Bassa autostima e rustici, il segreto del mio successo!”

Classe 1994, Francesco Fanucchi è un comedian tra i più richiesti – e qualcuno vorrebbe dire ricercati – degli ultimi anni. è esploso grazie al suo stile dissacrante e fortemente autoironico. Abbiamo registrato la puntata 30 del podcast Perseus – Libri e argomenti.
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Quando hai sentito la “chiamata” della stand-up?

Da sempre ho amato la comicità italiana, fin da bambino: Verdone, Troisi, Benigni, Paolo Villaggio… Poi a 17 anni ho scoperto su YouTube la stand-up americana, da Bill Hicks a George Carlin. Mi ha aperto un mondo: comici senza personaggio, senza quarta parete, diretti al pubblico. Da lì, a 25 anni, ho deciso di provarci davvero.


Ti ricordi di cosa parlava il tuo primo pezzo?

Non benissimo, ma era una presentazione autoironica di me stesso. Giocavo sul contrasto tra quello che la gente poteva credere di me e quello che ero davvero. Penso che se vuoi dissacrare gli altri, devi partire da te stesso.


Qual è, secondo te, il limite che un comico non deve superare?

Non credo in limiti morali esterni. C’è solo il limite del tuo buon senso e della tua sensibilità personale. E poi, secondo me, le cose più interessanti da dire sul palco sono spesso quelle che ti mettono a disagio mentre le scrivi. Se ti imbarazzano un po’, di solito è un buon segno.


Come capivi, all’inizio, se un pezzo funzionava?

Scrivevo cose che facevano ridere me. Se ridevo io, era già un buon punto di partenza. Poi ovviamente porti tutto sul palco: a volte pensi di avere un pezzo fortissimo e non ride nessuno, altre volte una battutina di passaggio fa esplodere il locale. È anche questo il bello.


Ti confronti con altri comici durante la scrittura?

Sì, spesso mi confronto con amici come Salvatore Zappalà, Albano Bisio, Roberto Anelli, Antonio Ricci… Sentirsi dire “questa non portarla mai sul palco” è importantissimo. Però alla fine la decisione finale è sempre mia.


C’è qualcosa di cui sei particolarmente fiero?

Non tanto il risultato, quanto il processo. Sono contento del lavoro fatto su Molto Pop, soprattutto per l’impegno e la crescita nell’interpretazione e nella scrittura. Per me che sono sempre stato pigro, aver lavorato tanto è già una grande soddisfazione.


La tua condizione fisica ha reso il percorso più difficile?

La mia patologia si chiama osteogenesi imperfetta. Dal punto di vista mediatico forse mi rende più riconoscibile, ma dal punto di vista pratico è dura: viaggiare, spostarsi, recuperare le energie dopo uno spettacolo… È tutto più complicato. Ma non mi lamento: il pubblico è intelligente, capisce se vali o no.


Com’è arrivata l’esperienza in TV con Chiambretti?

Mi ha chiamato una sera, tramite un autore. In cinque minuti mi ha convinto. Mi ha dato uno spazio tutto mio, con grande libertà espressiva. È stata un’esperienza molto formativa, anche perché il pubblico televisivo è diverso da quello live: sei tu che entri in casa loro.


E il progetto con Barbascura?

Barbascura mi ha chiesto di scrivere un racconto umoristico a tema spazio, per il Satiro Scientifico. Avevo già un pezzo nel cassetto e l’ho adattato. In realtà ho usato lo spazio come pretesto per ironizzare su alcuni luoghi comuni dell’inclusività. Mi sono divertito molto!


Cosa bolle in pentola per il futuro?

Dopo questo tour, mi prenderò una pausa per scrivere il nuovo spettacolo. Ho già delle idee in testa. E poi mi piacerebbe esplorare altri mondi, magari nella scrittura o in nuovi progetti televisivi. Vediamo che succede!

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