Federico Mello, giornalista Rai e autore di diversi libri, tra cui “Educazione Salentina o di come il Salento è diventato il Salento” (Kurumuny Edizioni), è stato ospite ai microfoni di Jabbu Tg. Il libro, inizialmente percepito dal sottoscritto come una lettura estiva, si rivela invece un’analisi approfondita della trasformazione del Salento negli ultimi 25-30 anni, basata su dati storici, ricerche d’archivio e interviste.
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Perché l’educazione salentina?
Mello, spiegando le motivazioni alla base del suo lavoro, afferma: “Arrivato ai 50 anni, mi è venuto il desiderio di capire da dove vengo per capire dove vado, una necessità quasi esistenziale di riflettere sulle proprie radici”.
Il libro evidenzia punti di svolta che sono pietre miliari della recente storia del capoluogo, come l’amministrazione Salvemini padre, che, pur breve (circa 20 mesi), impose la chiusura al traffico del centro storico, una “rivoluzione” che inizialmente incontrò la resistenza dei commercianti ma che portò alla riscoperta della bellezza di Lecce e all’incremento del turismo. Mello ricorda: “Piazza Sant’Oronzo, meta di pellegrinaggi in macchina… C’era questa usanza di fare un giro intorno alla piazza, anche più volte al giorno”. Descrive una Lecce sommersa dalle macchine, con Piazza Duomo trasformata in parcheggio e un grave problema di inquinamento che anneriva la pietra leccese. “Allora era così – commenta – oggi ci sembra assurdo”.
Il nodo della mancata industrializzazione
Un altro capitolo fondamentale riguarda la mancata industrializzazione del Sud, simboleggiata dall’Ilva di Taranto, e lo slogan dello spot pubblicitario che poteva tranquillamente essere sintetizzato così: “La terra significa morte, l’acciaio dell’Ilva significa vita“. Mello sottolinea l’importanza di contestualizzare i fatti storici: “Le cose non avvengono nel vuoto… sono figlie di un periodo storico, di una mentalità”.
Il libro analizza il periodo post-seconda guerra mondiale, il boom economico e il ruolo del “pensiero meridiano” che Franco Cassano mutuava da Albert Camus, passando dall’impatto sulla cultura popolare lasciata da Sergio Blasi e dall’arrivo di Vendola, definito come “la primavera” dopo una lotta contro la criminalità organizzata.
Il treno Lecce-Zurigo: l’attentato che poteva distruggere Lecce
Quest’ultima, “una mafia molto feroce, molto oppressiva”, culminò in quello che sarebbe potuto essere un vero e proprio spartiacque per i destini del Salento, secondo l’autore: il mancato attentato al treno Lecce-Zurigo, un episodio quasi dimenticato che avrebbe potuto causare una strage. “Il Salento si salva da un episodio che rischiava di metterlo in ginocchio per sempre”, afferma Mello. La narrazione di quel terribile momento è sicuramente il punto più alto del libro, per qualità della narrazione e della documentazione.

L’elezione di Vendola, un punto di arrivo
Il libro si conclude con l’elezione di Vendola nel 2005, considerata la fine di un processo di trasformazione. Mello spiega la sua scelta di fermarsi a questo punto: “Volevo fare una storia finita, un’analisi a bocce ferme”. Vendola, secondo Mello, ha saputo raccogliere il meglio dell’esperienza salentina degli anni ’90 e 2000, diffondendo un modello di sviluppo basato sull’amore per la propria terra, ma in apertura con gli altri. Questo è simboleggiato dalla “Notte della Taranta”, un evento che unisce la musica tradizionale salentina con altre tradizioni musicali.
Le sfide aperte del Salento
Infine, Mello affronta le sfide attuali, come l’iper-turistizzazione: “Quando le città vengono pensate più per i turisti che per i cittadini, quello è il discrimine che peggiora la vita delle persone”. Egli evidenzia la debolezza della politica nazionale nell’affrontare il problema dell’overtourism, e la mancanza di un ente come la provincia, abolita dal governo Renzi prima e dai Cinquestelle poi, che aveva un ruolo fondamentale nello sviluppo del territorio. Mello conclude auspicando “gli Stati generali del Salento“, per affrontare le sfide future e preservare il patrimonio culturale e sociale della regione.
