Come sono andati i film in anteprima al Bifest?

“Rosso di sera… bel film si spera!”: potremmo rivisitare così il noto proverbio, la cui prima metà della locuzione è stata anche il nome della sezione anteprime presentate al teatro Petruzzelli nel Bifest 2025, il primo diretto da Oscar Iarussi e prodotto da Apulia Film Commission.
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Se si esclude la magica, apprezzatissima serata dedicata alla proiezione di “Per un pugno di dollari” (1964) di Sergio Leone, restaurato in 4K e con la colonna sonora eseguita dal vivo da Orchestra e Coro della Fondazione Petruzzelli, i titoli presentati sono stati sette: “Un passo alla volta” , “Opus – Venera la tua stella”, “L’amore che non muore”, “La vita da grandi”, “Le assaggiatrici” (che ha inaugurato il festival), “Le tableau volè” e “Una figlia”. Noi abbiamo avuto modo di visionarne quattro.

“Un passo alla volta”

Primo della lista è “Un passo alla volta” (Italia, 2025, 105’), il documentario di Fancesco Cordio sul supergruppo Niccolò Fabi – Daniele Silvestri – Max Gazzè.

Il film si apre con il concerto del 6 luglio 2024 (giorno del compleanno di Gazzè) in cui il trio si riunisce per celebrare i dieci anni trascorsi dalla sua formazione. Dopo un avvio a nostro avviso un po’ verboso, il racconto trova il passo giusto non appena riavvolge il nastro del tempo: scorrono quindi immagini storiche (da videotape) del celebre “Locale” di vicolo del Fico 3 a Roma, club frequentato – tra gli altri – da Tiromancino, Alex Britti in versione rasta, Sergio Cammmariere, Rocco Papaleo, Pierfrancesco Favino ‘buttadentro’, e così via. Attraversando eventi chiave, come il viaggio in Sudan, e alternando interventi dei cantautori e dei musicisti della band a immagini d’archivio, si ripercorre in modo efficace e gradevole l’amicizia trentennale e il sodalizio artistico del trio. Voto: 7,5

“Opus – Venera la tua stella”

“Opus – Venera la tua stella” (USA, 2025, 103’) segna l’esordio dietro la macchina da presa di Mark Anthony Green, regista e sceneggiatore afroamericano che ha avuto modo di riportare sul set il grande John Malkovich, con lo studio A24 a produrre.

Qui il divo veste i panni della più grande popstar (fittizia) di sempre, tal Alfred Moretti, pronta a tornare alla ribalta dopo vent’anni di silenzio. Per questo evento epocale il cantante riunisce nel suo ranch, nel bel mezzo del deserto dello Utah, pochi selezionatissimi giornalisti, i quali avranno l’onore di sentire in esclusiva il singolo che lancerà il suo ultimo album.

Tra questi veterani c’è anche la giovanissima Ariel (Ayo Edebiri, già vista nella serie “The Bear”), la quale ben presto noterà che sta avvenendo qualcosa di strano. Chi ha trovato evidenti riferimenti a “Scappa”, “Midsommar”, “The Menu” ha visto bene. Le premesse e gli sviluppi sono più o meno gli stessi, declinati però in chiave showbiz. Di conseguenza, aspettatevi anche una deriva nettamente horror nel terzo atto del film. In ogni caso, la protagonista è brava e simpatica, mentre il mellifluo Malkovich dà l’impressione di essersi divertito non poco sul set. Voto: 6+

“L’amore che non muore”

“L’amore che non muore” (tit. or. “L’amour ouf”,Francia, 2024, 166’) vede il ritorno alla regia dell’attore Gilles Lellouche, dopo “7 uomini a mollo” (2018), con una storia d’amore a tinte forti dalla marcata componente crime.

Nord-est della Francia. Jacqueline, ragazza di famiglia borghese, orfana di madre, intreccia un legame sentimentale con Clotaire, teppista figlio di operai: l’idillio s’infrange quando lui finisce in carcere per un omicidio commesso da altri. Cosa accadrà quando lui, dopo anni, ritroverà la libertà? Tratto dal romanzo di Neville Thompson Jackie Loves Johnser OK? (1997), è la più costosa produzione StudioCanal (35 milioni di euro) nonché un grande successo al botteghino in madrepatria.

Quella proiettata Bifest è la stessa versione presentata a Cannes 2024, ovvero lunga 166’, con alcune sequenze poi tagliate dallo stesso regista. In ogni caso, questo “Tre metri sopra il cielo” transalpino e sotto steroidi non ci è dispiaciuto: ha buon ritmo, dei protagonisti in parte (specie quelli giovani), anche se l’eccessivo dinamismo registico – e una certa ruffianeria (ad esempio, il font dei titoli di testa omaggia Tarantino) – alla lunga non fanno un buon servizio al racconto. NB Il nome del film sta per “Amour fou” (“Amore folle”) in verlan, gergo giovanile, specie delle banlieues. Voto: 7-

“La vita da grandi”

Titolo di chiusura dell’intera manifestazione è stato “La vita da grandi” (Italia, 2025, 96’), esordio dietro la macchina da presa dell’attrice Greta Scarano, basato sulla storia vera raccontata nel libro “Mia sorella mi rompe le balle”.

Il fratellone autistico Omar (Yuri Tuci, attore con autismo ad alto funzionamento, per la prima volta sullo schermo) e la sorellina Irene (Matilda De Angelis) si ritrovano in inverno a Rimini, nella casa dei genitori, nel momento in cui questi devono allontanarsi per degli accertamenti medici. Lui è rimasto il ragazzino che lei ricordava, ma è alle soglie dei quarant’anni e non è affatto indipendente.

Seppur con tante difficoltà, la romana d’adozione lo aiuterà e gli farà capire come sarà la vita citata nel titolo. Facendo anche il punto sulla propria e togliendogli anche uno sfizio sotto i riflettori. Da uno script suo e di Sofia Assirelli, la Scarano dirige con mano ferma una commedia drammatica che sa divertire, commuovere e riflettere senza cadere nei peggiori difetti che affliggono pellicole di questo filone. I protagonisti sono convincenti nei panni dei fratelli Tercon, mentre Hendel e la Monti impreziosiscono il cast regalando un tocco di leggerezza. Simpatici i camei, che non sveliamo. Un’altra scommessa vinta per la Groenlandia di Rovere e Sibilia (marito della regista). Voto: 7+.

A cura di Giovanni De Benedictis