L’atleta, imprenditore e procuratore sportivo Antonio Del Vescovo, che ha avuto il grande merito di riportare Beto Barbas nel Salento, racconta la sua esperienza nei campi delle serie minori del Salento.

Antonio Del Vescovo, imprenditore, atleta, procuratore sportivo, ha partecipato in qualità di ospite alla puntata numero 58 di Nu pocu e nu pocu, il 22 gennaio scorso. In questo 2025 raggiunge il suo ventisettesimo anno di militanza nel calcio giocato.
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Dopo tanti anni, calcare i campi di calcio è diventata per lui quasi una necessità vitale. Classe 1980, dichiara, che “non è facile pensare di appendere gli scarpini al chiodo, nonostante gli infortuni e nonostante i confronti con i più giovani che hanno un passo diverso.Dopo rimarrò sicuramente in orbita calcio. Per me è fondamentale l’odore dello spogliatoio, gli allenamenti e il campo”. Al punto che se la domenica non gioca e non può vedere il Lecce ne fa “quasi una malattia”.
La grande esperienza sportiva fino alla C2
Ha il polso della situazione nei campi delle serie minori: “Ho giocato ovunque, dalla Serie C2 fino alla Prima Categoria, dai campi disastrati a quelli in terra, i cosiddetti campi di tufo fino ai sintetici ‘anomali’. Più scendi di categoria, più è difficile, certo, ma respiri un calcio più genuino. Oggi si tende a rendere tutto’ vip’,’ business’. Ho assistito alla scena di un bambino che voleva una foto con un calciatore del Lecce, di cui non faccio il nome, ma insomma tu con il bambino ti devi fermare, mentre lui ha accampato un po’ di scuse al punto che faceva prima a fermarsi”.
Il calcio a Lecce e i protagonisti degli Anni Ottanta
Una scena diversa da quella alla quale era possibile assistere non troppo tempo fa. “Prima era così, negli anni Ottanta, con Barbas o con Pasculli. Ti prendevi un caffè con i calciatori al Bar Debora e ci potevi parlare.Il calcio-business di oggi non lo trovi nei campi minori, ed è anche normale se rapporti gli stipendi da 600 euro al mese a quelli dei giocatori delle serie superiori”. A proposito, dobbiamo proprio a lui il ritorno di Beto Barbas nel Salento, dove allena le giovanili del Racale, e dal quale siamo andati a trascorrere del tempo in una bella giornata autunnale che potete rivivere qui:
Il miraggio della Serie A
Ed è anche più difficile scalare le categorie sognando una serie maggiore, a parte il fatto che anche i giocatori della primavera non sono neanche più del territorio e a volte neanche italiani. Ecco,su questo aspetto Del Vescovo ha molto da dire: “Credo ci siano tanti ragazzi salentini bravi. Che vengono da scuole calcio come quella di Fabrizio Miccoli, per esempio. Di recente sono andato a vedere uno dei prodotti di questi vivai, che ora gioca nel Brindisi, Pierpaolo Cirio, che poteva puntare a un’orbita diversa, se le politiche sui giovani fossero differenti”.
“Intervengono molti fattori – prosegue Del Vescovo – e mi spiace che all’avvento della classe 1969 – ‘70, quella dei Francesco Moriero e degli Antonio Conte, non sia poi seguita una logica altrettanto convincente. Oggi il 90% delle rose delle squadre maggiori sono composte da stranieri, escluso forse il Sassuolo. E non credo sia mancanza di fame, è che si punta più sullo straniero per molti motivi che sono davvero questione di opportunità e fortuna”.
“Il calciatore, da 14 anni in su, deve essere già formato se vuole arrivare a certe vette, altrimenti può puntare un po’ più in basso. Si può anche dire che a 16 anni i ragazzi hanno la pancia un po’ più piena, ma non significa che siano meno bravi”.