Le key-box sono diventate un argomento caldo nelle città italiane, in particolare a Milano e Firenze. Questi dispositivi di sicurezza custodiscono le chiavi degli appartamenti e facilitano il check-in per i turisti. I proprietari comunicano un codice numerico agli ospiti, che possono così accedere alle stanze senza la presenza del gestore. Ma siamo sicuri che eliminarle sia la mossa giusta? Secondo noi no ed ecco perché.
Un simbolo dell’overtourism
Negli ultimi mesi, le key-box hanno assunto un significato diverso. Sono diventate simbolo della lotta contro l’overtourism, il turismo di massa che sta cambiando il volto delle città. A Firenze, la sindaca Sara Funaro ha annunciato che dal 2025 sarà vietato installare queste cassette nel centro storico, area protetta dall’Unesco. Questa decisione arriva dopo le proteste dell’associazione “Salviamo Firenze”, che ha attaccato nastri adesivi sulle key-box con la scritta “Salviamo Firenze x Viverci”.
Le conseguenze del turismo di massa
Le key-box si trovano ovunque a Firenze, Milano, Roma e Napoli. La loro diffusione rappresenta un problema per la vita quotidiana dei residenti. Questi dispositivi facilitano gli affitti brevi su piattaforme come Airbnb e Booking, contribuendo allo spopolamento delle aree centrali delle città. Gli appartamenti destinati al turismo riducono le opportunità di affitto per i residenti e aumentano la crisi abitativa.
Il funzionamento delle key-Box
Le key-box aprono grazie a un codice condiviso con l’ospite tramite app. Questo sistema permette ai proprietari di gestire più appartamenti senza essere presenti al check-in. Tuttavia, per rendere le key-box visibili, molti proprietari le affiggono a pali della luce o in luoghi poco appropriati.
Proteste a Milano
Anche a Milano si alzano voci contro le key-box. Il comitato “Chiediamo Casa” ha avviato una campagna chiamata “Questa città non è un albergo”. Hanno mappato tutte le lock box presenti in città e il Comune ha annunciato il divieto di affissione a partire dalla primavera 2025.
Dove sbaglia chi protesta, secondo noi
La ministra del Turismo, Daniela Santanché, ha recentemente dichiarato che questo settore deve essere considerato “il petrolio dell’Italia”. Un’affermazione come minimo preoccupante, trattandosi di un settore a bassissimo tasso d’innovazione e praticamente impossibile da regolare da un punto di vista fiscale e dell’offerta lavorativa.
Proprio quest’ultimo punto, poi, è il vero nodo della questione. Se, come spesso accade, ad accogliere i turisti non è il proprietario, allora sarà qualche suo dipendente più o meno in regola. Togliere le key-box significherebbe rendere ancora più infernale la vita del dipendente, costringendolo ad orari non sempre adeguati per aprire il portone agli ospiti.
Le stesse multinazionali prima menzionate mettono dei limiti agli orari in cui è possibile registrare il check-in, ma è una “membrana” di facciata, spesso aggirata in base alle esigenze di chi prenota.
E chi prenota, bisogna ricordarlo, non sempre è satana. In un mondo ideale andrebbero bene tutte le tutele sindacali (!) e di “sistema”, perciò si potrebbero eliminare le key-box tranquillamente.
Basterebbe garantire che i trasporti siano puntuali, garantiti ed efficienti. Che i taxi, le navette e tutti gli altri mezzi di collegamento siano reperibili e frequenti. Che le auto, per chi sceglie di muoversi in proprio, possano scorrere su autostrade che non rappresentino di per sé stesse un ulteriore intralcio in un Paese in cui raramente le cose vanno lisce.
E, in fondo, veniamo alle case.
Non facciamo sparire le key-box, facciamo ricomparire le case
All’estero si mettono sempre più paletti agli affitti brevi. In Italia il volume d’affari stimato e, ahinoi, dichiarato, è di circa 7 miliardi (che fanno parte dei 300 dichiarati da Santanché per tutto il comparto). Un grosso affare che non c’è grande interesse a regolare: già si pagano tasse discutibili sulle proprietà decisamente sproporzionate in base alla reale ricchezza dei proprietari, immaginiamo cosa possa significare imporre a questi ultimi cosa fare dei propri immobili.
Allo stesso modo sembra surreale costringere gli abitanti a non vivere più nelle loro città. Sono al vaglio diverse soluzioni possibili, ma difficilmente si vedrà una soluzione. Nella prima versione delle leggi sui bed and breakfast, per esempio, bisognava controllare che i proprietari vivessero effettivamente nelle abitazioni che mettevano in affitto per i turisti. Sommergendo di ulteriore burocrazia autorità di controllo già esangui. D’altro canto, chi affitta a persone per lunghi periodi, non è particolarmente tutelato se l’inquilino smette di corrispondere un affitto.
Il problema è stringente e complesso. Vedremo se i nodi arriveranno al pettine prima di quanto si possa immaginare.
L’immaginazione adesso deve essere usata dalla politica, perché le ricette neoliberiste sembrano essere fallimentari. Il punto non è, infatti, far sparire le key-box, ma fare ricomparire le case per tutti.