Ivano Bisi, geografia sentimentale della Toscana (o del sarcasmo chirurgico)

Ivano Bisi non è solo un comico toscano: è un terremoto di ironia e consapevolezza che travolge stereotipi, accenti e identità con la forza di un monologo ben scritto e una voce impastata di verità. Lo incontriamo a Lecce, tra i tavolini del bar di Paolo Baldieri, glorioso bomber sia del Pisa che del Lecce, che – a proposito – ho intervistato per il podcast “Nu pocu e nu pocu”. La chiacchierata con Ivano è avvenuta in occasione del suo spettacolo “BBQ”, andato sold-out in città. Ma la testa, lui, l’ha lasciata a Pisa…
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Ivano Bisi per il podcast “Perseus – Libri e argomenti”

“Avrei voluto esserci ieri, oggi già non conta più”, confessa con una punta di nostalgia per la festa della sua città. “Quel fiume di gente sull’Arno, lo stadio pieno… Ma se il prezzo da pagare per essere qui è questo, lo paghiamo”. Pisa nel cuore, ma la scena ce l’ha nel sangue.

Con Ivano Bisi siamo alla puntata numero 32 del podcast Perseus. E, dopo Silvia Bencivelli, anche lui rivendica a gran voce le origini pisane. “È un’ondata”, scherza. In realtà, è un’onda lunga di talento comico che parte dalla Toscana e si diffonde sui palchi italiani, facendo tappa anche a Lecce, per la seconda volta.

“‘BBQ’ è il mio terzo spettacolo, ma il secondo che porto a Lecce”, racconta. “Tratto temi pesanti e leggeri, con passaggi che vanno dal Disability Pride finito in rissa, ai miei rapporti con l’altro sesso, fino a una riflessione sull’attualità israelo-palestinese. Senza la pretesa di dire la verità. Sempre con il filtro dell’umorismo”.

Classe 1975, Bisi è arrivato alla stand-up “tardi” ma determinato. “Ho iniziato nel 2017, anche se qualche data l’avevo fatta già l’anno prima. Ma dal 2017 è iniziata la vera corsa”. La prima volta sul palco, racconta, è stata una rivelazione: “Mi sono detto: mi piace. So scrivere, forse non bene, ma non sono un cane. E mi dà emozioni”.
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Un percorso complicato

Il passaggio, però, non è stato immediato. Prima di far ridere il pubblico da solo sul palco, ha fatto esperienza in una comunità sui monti sopra Massa Carrara, dove curava laboratori teatrali. “Era un teatro amatoriale, ma scrivevo sketch, adattavo battute ai ragazzi, cercavo di sbloccare emozioni. Questo mi ha aiutato molto nella gestione del palco, anche se poi scrivere per sé stessi è tutta un’altra cosa”.

Oggi vive esclusivamente del suo lavoro da comico. “Mi pagano per girare l’Italia, far ridere e portare un po’ di leggerezza. E la cosa più bella è quando la gente mi scrive per ringraziarmi, per averli fatti stare meglio in un momento difficile. Questo è il vero valore”.

Ma non è solo la leggerezza il suo marchio. Bisi è noto per un sarcasmo tagliente, uno stile caustico, quasi feroce. “Dicono che faccio dark humor, ma io non lo chiamo così. Le battute mi vengono così, è la mia natura. Non voglio sembrare cattivo: sono così. Ho una scorrettezza naturale”.

La faida tra città toscane

E quando si parla di Toscana, è impossibile non toccare la faida endemica tra città: “Da quartiere a quartiere. È una faida medievale. Pisa contro Lucca, Firenze contro Siena, Arezzo contro tutti… e Livorno? Livorno non esiste. La chiamiamo ‘Porto Pisano’. Solo un porto. La rivalità vera è con Firenze”.

Certo, i toscani non hanno vita facile sul palco. “Il problema del comico toscano degli anni ’80 e ’90 era pensare di far ridere solo con l’accento. Ma stavi sui coglioni a tutti. Il fiorentino ha devastato l’Italia. A Pisa quel tipo di comicità non ha mai attecchito. Ci sarà un motivo”.

Eppure, c’è qualcosa che resta nel modo di essere: la cattiveria, o meglio, quella sincerità brutale che i toscani amano rivendicare. “La cattiveria è dire le cose come stanno, senza girarci intorno. Tra toscani ce le diciamo in faccia e non ci offendiamo. È un gioco condiviso. A teatro, massacro il pubblico, ma ridono. Perché lo capiscono: se ti offendi a uno spettacolo di stand-up, hai sbagliato spettacolo”.

Il Bisi “politico”

La riflessione si fa più profonda quando si toccano temi politici o sociali. “Non faccio politica, ma parlo di razzismo, omofobia, Israele-Palestina, cercando punti di vista non banali. Cerco l’angolo buono, non quello di sistema. Il mio modo di fare politica è questo: dire quello che penso. Ma non sposto voti, e non mi interessa sapere chi vota chi”.

Eppure, la comicità è anche una forma di impegno. “L’impegno è politico, ma non partitico. Quello che faccio serve a far pensare, a mettere il dubbio. Ma più di tutto, serve a far stare bene chi viene a vedermi”.

Alla fine, resta una domanda: cosa lo spinge ancora, dopo tanti spettacoli, dopo tanta strada? “Mi piace vedere la gente contenta, ricevere un messaggio, una torta, una bottiglia di vino da chi è stato bene. Questa è la ricompensa più grande. Non voglio cambiare il mondo, ma se riesco a regalare un’ora serena a qualcuno, allora ha senso”.

E così Ivano Bisi continua a girare l’Italia, armato di microfono, sarcasmo e uno sguardo impietoso sul presente. Ma con la voglia, sempre, di far ridere. Anche quando ride amaro.