In un pomeriggio d’agosto, nel pieno di un’operosa pausa estiva, una telefonata squarcia il silenzio: è Riccardo Orioles. Classe 1949, giornalista, intellettuale e testimone di un’epoca nodale della storia italiana, Orioles si conferma una figura impossibile da ignorare. La sua è una chiamata che non ammette rifiuti, un invito a una conversazione che, come vedremo, si rivela un prezioso spaccato di vita, di lotta e di impegno. Non è solo un colloquio con uno dei più grandi giornalisti di questa epoca, ma un’immersione nel suo metodo, nelle sue memorie e nelle sue battaglie, che vanno ben oltre la semplice cronaca.

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“La Mafia Vittima di Pippo, Non Carnefice”

Orioles, nel corso della sua lunga carriera, ha collaborato con due figure centrali del giornalismo italiano, vittime illustri della mafia: Mauro Rostagno e Pippo Fava. Con grande ironia, fa uno scoop storico, una prospettiva del tutto inedita e provocatoria: “È la mafia che è vittima di Pippo Fava, non Pippo Fava della mafia.” Questa frase, che rovescia la narrazione comune, non è un semplice gioco di parole. Sottolinea la potenza dirompente del loro giornalismo, capace di mettere in scacco il sistema mafioso a tal punto da costringerlo a ricorrere all’omicidio per silenziarli. I loro non erano morti da vittime passive, ma da combattenti che, pur consapevoli dei rischi, non hanno mai smesso di attaccare il potere criminale.
Pippo Fava, che Orioles conobbe casualmente dopo aver letto il suo romanzo “La passione di Michele”, si rivelò un “grande scrittore, un grande organizzatore, ma soprattutto un politico”, non nel senso partitico del termine, ma come “uno che vede le cose larghe”. La sua influenza sui giovani giornalisti del Giornale del Sud fu decisiva. Attorno a lui si formò un gruppo di ragazzi che, in seguito, sarebbe diventato il nucleo de I Siciliani. Il loro giornalismo, come raccontato da Orioles, non era solo cronaca, ma una forma di resistenza civile, basata su un rigore assoluto: “chiunque di noi può mettere il veto a qualunque cosa di chiunque altro, non lo deve spiegare”. Ogni articolo doveva essere “assolutamente matematico”, ogni inchiesta verificata “almeno da un altro la sera”.
Il Metodo Orioles: L’Artigianato del Giornalismo e l’Eredità di Fava

Riccardo Orioles rifiuta la definizione di “metodo Orioles”, preferendo definirsi un “falegname, uno scarparolo, un artigiano“. Per lui, il giornalismo è un mestiere che si impara “con le mani”, un’arte che richiede dedizione, precisione e una profonda comprensione della realtà. E l’eredità di Pippo Fava sta proprio in questo, nella capacità di trasformare la cruda realtà in una narrazione che arriva dritta alla pancia del lettore. Orioles ricorda un aneddoto significativo: Pippo Fava, “un tolstojano”, sapeva raccontare la vicenda della base missilistica di Comiso non con aridi dati, ma con una storia ambientata in un’osteria, tra la gente comune. La sua forza non era l’inchiesta investigativa, ma la capacità di rendere l’informazione viva e universale.
Mauro Rostagno: L’Intellettuale Rivoluzionario
La figura di Mauro Rostagno, “vecchio compagno di lotta”, emerge come quella di un intellettuale a tutto tondo, ma con i piedi ben piantati per terra. “Coltissimo”, ma allo stesso tempo “molto ma molto serio”, Rostagno fu una figura complessa e sfaccettata, capace di passare da discussioni su qualunque argomento a un’azione concreta e decisa, come l’episodio raccontato da Orioles sull’occupazione della cattedrale di Palermo con i “senza casa”. Rostagno non era un rivoluzionario da salotto, ma un uomo d’azione, capace di indignarsi e di agire di fronte all’ingiustizia, come quando scoprì dei ragazzi che consumavano eroina in una tenda durante una festa del “proletariato giovanile”, denunciando senza esitazione la nascente piaga che avrebbe attanagliato Palermo.
L’Impegno per i Giovani: La Nuova Generazione de I Siciliani

Oggi, il lavoro di Riccardo Orioles è focalizzato sui giovani. Il suo approccio è rivoluzionario: quando un ragazzo lo contatta per imparare a scrivere, non gli chiede di produrre articoli, ma lo “spedisce subito nelle associazioni che si danno da fare a Catania e in Sicilia in generale per tirare fuori dalla strada più ragazzi possibile”. Per Orioles, prima di imparare a scrivere, un aspirante giornalista deve capire il senso del proprio impegno: “un ragazzino in meno per strada significa salvare una vita”. Questa filosofia ha dato vita ai Siciliani Giovani, nati in modo spontaneo quando un gruppo di liceali decise di farsi carico della piegatura del giornale e, in seguito, di produrre una loro testata.
Il loro metodo è una sintesi perfetta tra tecnologia e artigianato. Usando software come OpenOffice e vecchie gabbie di impaginazione, i giovani apprendono a produrre un giornale da zero, con l’obiettivo di “poter fare il giornale ovunque, senza bisogno del padrone che ti dà le macchine”. È una lezione di autonomia e indipendenza che Orioles ha imparato da Pippo Fava, un precursore nell’utilizzo delle nuove tecnologie per il giornalismo. L’obiettivo non è la perfezione, ma la consapevolezza di poter veicolare un messaggio, di far sentire la propria voce. Il risultato è un giornalismo “pulito, spigliato, che pare improvvisato ma che in realtà è un lavoro artigianale”. Il record di 14 riscritture di un pezzo è un esempio della disciplina e del rigore che Orioles richiede, pur garantendo l’assoluta libertà di espressione: “non è stata mai censurato niente il siciliano”.
La Legge Bacchelli e la Forza di una Comunità
Nel 2017, Riccardo Orioles è stato il primo, e finora unico, a ricevere l’emolumento della legge Bacchelli. Un riconoscimento arrivato grazie a una campagna lanciata dai suoi ragazzi, che si accorsero delle sue difficoltà economiche. La campagna, sostenuta da 35.000 firme, fu un capolavoro di comunicazione, brillante e ironico, che dimostra la profonda relazione tra Orioles e la sua comunità di lettori e collaboratori.
Il racconto si conclude con un’immagine potente: nella stessa giornata, riceve la chiamata di un “ragazzino 18-19-20 anni” e quella del “vecchio magistrato” Giancarlo Caselli. Un duplice rapporto che testimonia il ruolo di Orioles come ponte tra generazioni e istituzioni, tra il futuro e la memoria storica del paese. Non si tratta di un vanto personale, ma della dimostrazione che il suo giornalismo, il suo essere “artigiano” e “compagno”, ha saputo creare una rete solida, un punto di riferimento per chiunque voglia ancora credere in un giornalismo libero, analitico e, soprattutto, umano.