La fotografia come invito a riflettere, Francesco Zizola dal fotogiornalismo a Hybris

una serie di puntini luminosi che ritraggono una tonnara nel progetto mare omnia

«Sono contrario alla fotografia che sia “omogeneizzato per bebè”, che rivela immediatamente quello che stai vedendo». È un’asserzione perentoria quella che Francesco Zizola usa per introdurre Hybris, il suo ultimo progetto al quale lavora ininterrottamente dal 2015.

Abbiamo incontrato il fotografo romano in occasione della quarta edizione di Yeast Photo Festival, il festival “diffuso” in varie location del Salento (Lecce, Matino, Gallipoli, Galatina e Supersano), diretto da Flavio&Frank e Veronica Nicolardi, con la direzione artistica di Edda Fahrenhorst.

Hybris è un’opera monumentale che prende il titolo dalla parola greca che potremmo tradurre con arroganza, tracotanza, ma che è difficile rendere con un termine unico. 

«I greci definivano così quella tendenza degli esseri umani a travalicare i limiti, calpestando il territorio degli dèi» – precisa Zizola, che continua: «Ho tradotto la Hybris del mondo contemporaneo con l’arroganza dell’uomo non nei confronti degli dèi, ma della natura». 

Il progetto è composto da quattro capitoli che coincidono con gli elementi della natura. Ciascuna sezione ha un titolo emblematico in latino. «Ho già realizzato Acqua (“Mare Omnis”), Aria (“Consequentia Mirabilis”) e sto per completare Fuoco. Entro il prossimo anno spero di riuscire a portare a termine l’intero lavoro con l’ultimo capitolo». 

Una foto di Mare Omnis, tratta da Hybris di Francesco Zizola
Una foto di Consequentia Mirabilis, all’interno di Hybris.

«L’essere umano oggi ha bisogno di sviluppare un’attenzione critica e di attivare il pensiero. La fotografia – spiega Zizola – deve guidare chi guarda nel processo della comprensione, deve suggerire domande. Lo spettatore deve chiedersi: “Cosa sto guardando?”». 

Di fronte agli scatti di Mare Omnis non si può non viaggiare con la fantasia e ipotizzare cosa siano quei puntini luminosi che formano strane composizioni. Si tratta di costellazioni? Graffiti? Creature embrionali? «Mi capita che durante le mie mostre, mi aggiri tra il pubblico prestando orecchio alle osservazioni degli spettatori: mi diverte e mi incuriosisce cercare di carpire cosa immaginano delle foto». 

Nel caso di Mare Omnis si tratta di tonnare. Proprio con l’obiettivo di «imparare a rallentare e a guardare sotto alla fotografia, Francesco Zizola ha documentato l’attività di pesca delle tonnare in Sardegna.

Conosciuto dai tempi dei Fenici, questo metodo, ormai in disuso, punta alla pesca del tonno rosso senza distruggere l’ecosistema, per aumentare ad ogni costo la produttività al servizio del profitto. Il sistema, infatti, è pensato per pescare solo i tonni già adulti per lasciare liberi di riprodursi quelli più giovani. Un sistema che, se non salvaguardato, rischia di andare perduto e dimenticato.

Il linguaggio di Francesco Zizola non è sempre stato astratto, anzi. Il fotografo romano ha un lungo passato da fotogiornalista, vincitore di dieci World Press Photo e sei Picture of the Year International. Angola, Brasile, Thailandia sono solo alcuni dei posti dove ha documentato le grandi ingiustizie viste con una «lente particolare, quella dei bambini che non sono responsabili degli errori degli adulti, ma ne subiscono passivamente le scelte».

Una foto tratta da "Born somewhere".
Una foto tratta da “Born somewhere”.

Nel 2004, il suo viaggio, iniziato negli anni ’90, è culminato con la pubblicazione del libro “Born somewhere”

«Mi sono occupato dei danni su bambini e adolescenti causati dalle mine antiuomo in Angola, dopo aver scoperto un depliant di Valsella, azienda italiana controllata dal gruppo Fiat e una delle più grandi produttrici al mondo di mine antiuomo». 

Zizola ha affrontato il tema delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito fra i meninos de rua in Brasile, documentando il paradosso della ricchezza che affligge gli Stati più ricchi di materie prime.

Oppure le conseguenze del turismo sessuale sui minori in Thailandia. E ancora, i disastri ecologici provocati dai pesticidi nella zona del Lago di Aral, fra Kazakistan e Uzbekistan, durante il regime sovietico. 

 «Dopo la seconda guerra del Golfo, i media hanno cambiato natura» – è questa la cesura che segna il definitivo cambio di linguaggio di Francesco Zizola, che dal 2005 ha smesso con il fotogiornalismo per esprimersi con linguaggi differenti, più concettuali.

«La missione dei giornali è finita, non ci sono più media che investono nella produzione di notizie, in inchieste indipendenti, prendendosi dei rischi. Ci sono pochissimi esempi che non fanno la regola e più passa il tempo e più le persone cominciano a pensare che sia normale avere un giornalismo del genere». 

Il fotogiornalismo per Zizola è stato un lavoro che lo ha accompagnato per circa 40 anni ed è nato da una passione che coincide con la prima presa di consapevolezza della realtà.

«Ero poco più che bambino quando, nello studio di mio padre, mi sono imbattuto in una foto ritagliata da un giornale di bambina che, nuda e con le braccia aperte, scappava piangendo da un villaggio (“Napalm girl” di Nick Ut, ndr). Questa foto ha avuto per me un impatto emotivo molto importante. 

«Ho sempre pensato che la fotografia fosse un linguaggio in grado di raccontare, molto meglio delle parole, il mondo». «La fotografia è uno straordinario strumento di indagine e di pensiero e non è affatto quello che, invece, è diventata oggi: una superficie da far scorrere velocemente col nostro dito, attraverso un mero impulso nervoso».

Francesco Zizola durante la mostra dedicata a Mare Omnis
Francesco Zizola durante la mostra dedicata a Mare Omnis a Bolzano.

Quella per Yeast Photo Festival è stata la quarta occasione, in pochi mesi, per Francesco Zizola di venire in Puglia. La partecipazione, con un talk a Matino, alla quarta edizione di Yeast è arrivata dopo aver vinto il premio Irinox, nell’edizione 2024 del MIA Photo Festival a Milano. 

Lo scorso maggio Zizola è stato ospite del Fa.Se, Festival di Arti Visive a Sud Est, per il quale ha esposto alcune gigantografie del progetto Mare Omnis sul faro di Punta Palascìa. 

Sempre quest’estate a Monopoli, Zizola ha partecipato a “Ritratti”, con un’installazione nella chiesa di Sant’Angelo in Borgo.

È stato ospite, infine, di una residenza artistica ad Alberobello nella fondazione Casa Rossa, ex campo di internamento durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. L’edificio diventerà un centro culturale che ospiterà gli scatti del fotografo romano realizzati durante la residenza, in una mostra permanente.