Il nuovo corso di Eusebio Di Francesco al Lecce parte con una vittoria, ma il successo per 2-0 contro la Juve Stabia, nel primo turno di Coppa Italia, è solo il punto di partenza di un cammino ancora da costruire. Lo sa bene il mister, che nel post-partita ha affrontato le luci e le ombre della serata: tra esperimenti tattici, inferiorità numerica e un gruppo da modellare. Non è ancora il Lecce che vuole, ma da qualcosa si deve pur cominciare. “Mi è piaciuto lo spirito battagliero della squadra, è basilare”, ha detto Di Francesco con quella schiettezza che lo contraddistingue.
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I due tempi del Lecce
Il Lecce ha mostrato due facce: un primo tempo ordinato ma non brillante, e una ripresa di sofferenza, in dieci uomini, dove però si è visto l’atteggiamento che il tecnico pretende. “Nel primo tempo siamo stati belli nelle manovre sulle catene, ma poco qualitativi nell’ultimo passaggio”, ha ammesso, facendo i complimenti alla Juve Stabia per la compattezza e l’identità.
Poi, l’espulsione per un brutto fallo di Banda ha costretto i salentini a rivedere i piani, ma da lì è emerso il carattere. “Abbiamo lavorato sull’inferiorità numerica in allenamento e ce lo siamo ritrovato. Vi assicuro che in dieci, al di là delle categorie, ci vogliono forza, spirito e abnegazione”.
Lo spirito di sacrificio
Parole che pesano, perché indicano una strada ben precisa: non sarà il Lecce delle geometrie fini, ma quello del sacrificio, almeno per ora.Il 4-4-1 d’emergenza, che in possesso diventava un 4-2-3, è figlio della contingenza: “Il calcio è dinamico, non ci dobbiamo fermare sui numeri. Le caratteristiche dei centrocampisti decideranno il modulo. E oggi ci siamo difesi anche in cinque o sei, non è facile valutare”.
Le scelte tecniche
Di Francesco non si nasconde nemmeno quando si parla di scelte individuali: da Helgason preferito a Berisha, a Tiago Gabriel ben posizionato in difesa. “Berisha oggi si sarebbe trovato in difficoltà, era meglio cambiare altro. Ho inserito Morente per gestire meglio gli esterni. Helgason nei dieci minuti della ripresa non è giudicabile”. Una gestione pratica e senza romanticismi, in cui l’equilibrio viene prima dei nomi.Gli chiediamo se è davvero contento dell’organico, come ci aveva detto alla vigilia, perché il gesto tecnico di Camarda che ha portato Kaba alla chiusura del match evidenzia la necessità di qualità della squadra.
La qualità è necessaria nel “cantiere” Lecce
“Io parlo dei calciatori che alleno e sono contento, ma l’organico non è a posto. Soprattutto in caso di partenze”. E proprio su Francesco Camarda, 17 anni: “Lui è un Giocatore, ha gestito palla e servito il compagno. Se avessimo messo un ragazzino non pronto, non avremmo visto quelle azioni. Questo dice tutto”. Un’investitura importante da parte di un tecnico che non regala parole a caso.In sintesi, Di Francesco chiede realismo e pazienza. Vuole una squadra più completa, certo, ma sa anche che la salvezza si costruisce prima con lo spirito, poi con la qualità. E lo dice da uomo di calcio che ama il bel gioco, ma che oggi guarda in faccia la realtà. “La gente deve essere orgogliosa dell’atteggiamento visto oggi. Questo è il punto di partenza. La qualità verrà, ma senza questo spirito non si va da nessuna parte”.
Le scaramucce con Gaspar
Di Francesco scherza sui diverbi con Gaspar nel corso del primo tempo: “Volevo tirargli le trecce per una chiamata sbagliata: lui è un leader in campo e gli toccherà attirare tutti i miei commenti”. Si intravede un gruppo che comincia a conoscersi e un allenatore che ha già preso le redini. Con onestà. E con chiarezza.Il Lecce riparte da qui.